Keitem

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    Mele Caramellate
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    Volevo proporvi un'ispirazione che mi è venuta ieri notte XD

    PROLOGO
    Castana, un'unica treccina posta sulla frangia tirata di lato. Occhi neri e profondi, come la notte. Fredde lacrime solcavano velocemente il viso. I pugni stretti, il corpo un unico tremito convulso.
    Era rinchiusa, in una grande gabbia di ferro. Usata solitamente per gli uccelli addomesticati, ora conteneva una persona.
    La porta era chiusa da un lucchetto, la chiave dispersa. Un fragile essere tormentato da incubi continui, imprigionato.
    Gridava, cercando qualcuno che l'aiutasse, che la sentisse. L'eco rimandava indietro le sue flebili richieste.
    Un rumore di passi ora si udiva in lontanza, ticchettare sul lucido pavimento di marmo.
    Una figura si andava delineando, nella penombra.
    Un ragazzo.
    La mia mano si avvicinava, tesa verso la gabbia.
    La ragazza mi notó e tentó di allungare a sua volta la mano.
    Una lacrima cadde in quell'istante, il tempo si fermó.
    Un solo sussurro.
    "Salvami".
    Le nostre dita si sfiorarono per un attimo.
    Un fulmine colpì in mezzo a noi, un ghigno malefico echeggió.
    Caddi, nel vuoto.
    Poi fu il buio.
    Ed é così che inizia la storia.

    Eh già il mio grave problema è che non riesco a scrivere tanto in un capitolo e credetemi, riesco a fare ancora più i corti i capitoli XD

    CAPITOLO 1
    "Maledizione!" gridai in preda alla rabbia. Intorno a me tutto era nero.
    Improvvisamente comparve una scritta che recitava a grandi lettere bianche "Vuoi continuare il gioco?" Ovviamente non potevo, le pietre filosofali erano rare e parecchio costose dunque non ne avevo. Cliccai sul grande NO. La scritta sparì e prese posto un enorme e bianco dieci. Era iniziato il countdown.
    Aspettando di scomparire da quel mondo mi sedetti a gambe incrociate sul freddo pavimento nero di marmo.
    Al numero uno un suono spettrale invase le mie cuffie e un'altra scritta si materializzò nel mio campo visivo.
    GAME OVER.
    Osservai il mio corpo scomporsi in tanti piccoli pezzetti digitali, creando una polvere scintillante.
    Cercai di toccare con la mano quei frammenti ma li trapassai e non sentì nulla. Beh, d’altronde i cinque sensi non si potevano usare in un videogame, o almeno, non ancora.
    Sorrisi guardando il mondo da cui stavo scomparendo e accennai un saluto ironico.
    “Tanto tornerò e prima o poi ti libererò” sussurrai al nulla.
    Tolsi il visore e lo sistemai, insieme ai guanti tattili, sul comodino vicino a me.
    "Cavoli è tardissimo!" esclamai guardando l'ora sull'orologio. "Devo correre a scuola, dannazione!"
    Corsi a prepararmi la colazione, scendendo dalle scale a due a due. Arrivai in cucina dove scagliai un tost nel tostapane, presi un cartone del latte e correndo da una parte all'altra, lo bevvi, rovesciandomelo tutto addosso.
    "Uffa!" esclamai nervoso.
    Scivolai sul latte e caddi per terra imprecando.
    Il tostapane suonò e il toast mi si spiattellò sulla faccia con un movimento elegante.
    "Che sfortuna!" urlai scatenando la furia dei vicini ancora intontiti dal sonno.
    Aprì la porta e uscì di casa.
    Il mio nome è Seth, Seth Mattenson. Ho 17 anni e vivo da solo.
    Da qualche anno mi sono interessato ai videogiochi di realtà virtuale, precisamente a Keitem, che sta diventando davvero famoso. Attualmente sono arrivato alla quest da affrontare prima di passare ai livelli dell'ultima scala ma non sono mai riuscito né a completarla né a toccare la ragazza. Nonostante ció per me Keitem é un mondo tutto nuovo, dove posso sentirmi libero.
    Ma è solo un gioco, come la realtà, il mondo é solo un enorme codice binario.
    "Acc.. Devo muovermi!"
    Arrivai a scuola un secondo dopo che la campanella era suonata.
    “Uff… E per oggi ce l’ho fatta…” sorrisi alzando ironicamente un pugno al cielo.
    “Mattenson siediti immediatamente!” gridò la professoressa dopo aver osservato allibita la scena.
    I miei compagni iniziarono a ridacchiare, per loro ero una sorta di buffone della classe, anche se a me non piaceva il ruolo che mi avevano affidato.
    Mi sedetti sull’unica sedia disponibile e mi accasciai sul banco svogliatamente, cercando di riprendere fiato dalla lunga corsa che mi ero fatto.
    Facendo finta di non vedermi e tirando un lungo sospiro, l’insegnante tirò fuori la sua emod, una piccola lavagnetta elettronica apribile sollevando le mani e portandole davanti a sé che conteneva tutti i file utili per l’insegnamento, e iniziò la lezione.
    Ormai il mondo aveva una tecnologia sofisticata e molto avanzata. D’altronde era stato previsto che nel 2033 la ricerca in campo tecnologico avrebbe avuto passi da giganti in tutti gli ambiti.
    La professoressa iniziò a parlare di qualcosa che c’entrava con la quantistica nucleare, un continuo chiacchiericcio di inutili parole finte.
    Chiusi lentamente le palpebre facendomi cullare dalle noiose parole che uscivano dalla bocca dell’insegnante e lentamente scivolai nel mondo onirico, che non era poi tanto diverso dalla realtà.

    CAPITOLO DUE
    Vedevo il mio corpo addormentato come se fossi uno spirito. Affondavo nel nero più assoluto.
    Un sorriso maligno iniziò a ridere e a ridere, mostrando una chiostra di denti bianchi e appuntiti.
    Precipitavo. Il nero, la profonda oscurità, mi avvolgeva lentamente il corpo.
    Respiravo a fatica.
    In fondo a quella oscurità notai qualcosa, un piccolo baluginio di luce.
    Cercai di penetrare quel buio angusto, cercando di raggiungere la piccola luce davanti a me.
    La figura si andava delineando e prendeva la forma di un oggetto comune, una chiave.
    Era abbellita da piccoli fiori, creati da un abile artigiano. La chiave iniziò a vibrare, rilasciando una dolce e triste melodia.
    Avvicinai la mano all'oggetto e lo toccai.
    Era tiepido e conteneva qualcosa di delicato, femminile.
    D'un tratto la chiave scomparì e in quel momento sentì un dolore sordo al petto.
    Urlai, cercando di scappare da qualcosa di insidioso, freddo, che tentava di raggiungermi.
    Lo sentivo, era dietro di me!
    Un secchio di acqua gelida mi piombò sulla testa.
    Scattai in piedi, trovandomi davanti alla professoressa ,arrabbiata, con un secchio in mano.
    "Ti avevo avvertito" disse con un che di malvagio.
    Attorno a me non c'era più nessuno, solo io e l'insegnante.
    "E adesso fila a casa, la scuola non è mica un ospizio!"
    Buttai a terra il banco nella foga di uscire da scuola, senza prestare la benché minima attenzione alla prof.
    Lei mi gridò qualcosa ma io ero ormai uscito, diretto verso la libertà, Keitem!
    Chiusi la porta a chiave e scavalcai i gradini per arrivare in camera.
    Il mio appartamento era composto da una cucina con un tavolo per mangiare, un piccolo bagno e una camera da letto. L'appartamento era piccolo, ma disposto su due piani. Sul secondo c'era la mia camera e il bagno.
    Aprì la porta e mi buttai sul letto, riprendendo i guanti e il visore lasciati sul comodino. I guanti servivano per riuscire ad interagire con l'ambiente, mentre il visore compensava la vista nel mondo reale.
    Misi il visore in testa, inserì la schedina del gioco e avviai.
    Davanti ai miei occhi si aprì la schermata iniziale che elencava tre possibili opzioni:
    NEW GAME
    CONTINUE
    EXIT
    Toccai la prima risposta e dopo aver digitato i miei dati d'accesso, selezionato il personaggio e scelto il server, aprì il gioco.
    Un varco digitale mi portò in pochi istanti all'interno di Keitem.
    La scena era costellata di elementi paradisiaci. Morbide colline si alternavano a verdi boschi. In lontananza si scorgeva una grande cascata dove, di fronte, sorgeva una grande città composta da un minerale smeraldino. La capitale, Smerada.
    Il tempo era bello, qualche nuvoletta bianca spuntava dal cielo, spostata qua e là da una dolce brezza, che faceva ondeggiare i fili d'erba.
    Il mio avatar era di aspetto praticamente uguale a quello della realtà, se così si può chiamare.
    I capelli erano castani, gli occhi verdi, il fisico magro alto e slanciato.
    Ero vestito con una maglietta nera, un giustacuore di cuoio, dei pantaloni anch'essi neri e un'armatura opaca, per evitare che scintilli e così riveli la posizione del nemico, di un materiale abbastanza leggero e resistente.
    Mi incamminai verso la foresta, per ora avrei lavorato sull'aumento di livello, uccidendo bestie di media taglia e guadagnando così dei punti esperienza, detti anche EXP.
    "Oh questo mi piace!" pensai osservando silenziosamente un Dotomo, una specie di marmotta ricoperta di scaglie blu e con due lunghi denti affilati.
    "Ora serve solo concentrazione e mira..." pensai agitato e con le mani sudate.
    Mi toccai e feci comparire un piccolo menù che elencava il personaggio, le missioni, l'inventario e le impostazioni.
    Toccai il terzo rettangolino e mi si aprì una finestra contenenti tutti i miei items.
    Selezionai un piccolo arco di legno, con una corda resistente. Contando che il Dotomo era di livello 7 la mia arma doveva perlomeno essere di livello 10, cosa che era.
    Tesi l'arco, cercando di fare meno rumore possibile, incordai con un'elegante freccia con una piuma rossa e tirai. Il Dotomo si guardo il fianco e notò una lunga freccia con una piuma blu. Si accasciò a terra pochi attimi dopo.
    Dal folto del bosco emerse una figura incappucciata, completamente vestita di nero. Metteva i brividi.
    Mi appiattì ancora di più e cercai lentamente di allontanarmi.
    Qualcosa di freddo mi punse la gola.
    Guardai sopra di me. Due occhi rossi mi fissavano intensamente. La figura spettrale fece una smorfia di soddisfazione.
    "C-chi sei?" chiesi cercando di non far trasparire la paura.
    Il sangue del Dotomo iniziò a gocciolare sul mio viso.
     
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